L’Architettura aziendale
come la nuova arte per vivere le organizzazioni

10 Febbraio 2002

Non è un compito semplice, perché le organizzazioni sono vissute, sia da coloro che in esse operano che da coloro che le osservano per studiarle, come un territorio impraticabile e alle volte disconoscente. L’idea di partenza sembra essere quella della Natura- Matrigna del Leopardi, la meta di arrivo, la rievocazione di una Grande-Madre dispensatrice di comprensioni e calore umano. La necessità è quella di pensare l’organizzazione in funzione di ; questo processo recupera il sentimento e la ragione mortificati, oggi, in un sistema organizzativo iper-razionalizzato orientato alla progettazione, alla pianificazione, alla qualità e al profitto ma anche alla rincorsa di sogni di vision e di leadership, di ideali di competenza eccellenti, di proponimenti mondiali, world-wide. Ci siamo ripresi, nel passato recente al lavoro come scoperta e fonte di gratificazione invece, che come lotta e fatica per la sopravvivenza. La mentedopera, brainpower, ha sostituito la manodopera. Nelle aziende non c’è più solo un potenziale umano informe da gestire, ma una effettiva forza ed energia non di uomini e donne che lavorano e fanno anche tante altre cose, forse meno onorate, come il bucato e le code per i pagamenti. Oggi, è più facile, anche nella pubblicità, immaginare il manager efficiente ed elegante con agenda executive e Mont Blanc ma anche con poppate da preparare e riunioni condominiali a cui partecipare. L’umanità si vive nella totalità delle esperienze sociali, professionali e personali recuperando la dimensione sana della sua esistenza. “ L’obiettivo condiviso oggi non è più il profitto ma la qualità della vita e la ricomposizione della vita col lavoro. I principi su cui poggia l’organizzazione post-industriale sono la soggettività, l’antiburocratismo, l’etica, l’estetica, la creatività…” (D. De Masi). Ma il dubbio rimane rispetto alla quotidianità. L’impressione, confermata dai reali di coloro che studiano e lavorano con le organizzazioni è che in questo universo organizzativo l’uomo è sempre più solo. Sembra che tutti i legami sociali si consumino, che tutti i fondamenti relazionali si distruggono con la conseguenza di riportare l’individuo in una sorta di violentissimo stato di natura. Il rapporto con il proprio lavoro, con il suo significato e il suo scopo perde senso e valore. Il risultato è che si finisce per vivere nell’azienda senza credere, perciò si resta fermi. Le frasi che si continuano a ripetere nelle organizzazioni sono: “ L’azienda è di tutti! “, mentre in realtà non è di nessuno; oppure: “ tutti sono importanti, ma nessuno è indispensabile! ”. ”Tutto cade nell’enorme fossa di un impersonale e anonimo movimento autoriflesso dell’economia, dal lavoro dell’ultimo operaio ausiliario fino alla decisione del burocrate nell’ufficio centrale di pianificazione “ (V. Havel). Si è orientati verso la ricerca ossessiva della Via Migliore, One best Way, come imperativo universale che vada bene per tutti e che ponga un argine al senso di inquietudine tipico della nostra epoca: La convinzione comune è credere che esiste un unico modo, l’unico veramente ottimale, per gestire le Risorse Umane. Se così fosse e se trattassimo tutti i soggetti che vivono nelle organizzazioni allo stesso modo commetteremo la stessa assurdità di un oculista che volesse prescrivere a tutti gli stessi occhiali. Ciò rappresenta un ossimoro, una contraddizione. L’intento finale deve essere raggiungere la consapevolezza che non esistono strade giuste o sbagliate, soluzioni bianche o nere, ma che tra il bianco e il nero esistono 256 tonalità di grigio. Quindi, un’anarchia di opzioni che ci può permettere di penetrare e meglio comprendere non solo i soggetti, che nelle organizzazioni operano e vivono ma anche il loro continuo divenire. Non esistono, dunque, soluzioni preconfezionate ma, il bisogno è, oggi, quello di stabilire una nuova arte di vivere le organizzazioni. Analista transazionale ed esperta nella diagnosi organizzativa e nella gestione delle dinamiche aziendali.

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